A Villa Olmo ottanta opere, provenienti dal museo viennese, ripercorrono la genesi dell’arte del Novecento, partendo dal Barocco, passando per la Belle Époque, per il Biedermeier, fino a giungere alla Secessione e al primo Espressionismo. Dal 15 marzo al 20 luglio 2008, Villa Olmo di Como ospita un raffinato evento dedicato ai capolavori provenienti dal Museo Belvedere di Vienna. La rassegna, dal titolo L’ABBRACCIO DI VIENNA. Klimt, Schiele e i capolavori del Belvedere, curata da
Altri esponenti di rilievo della Secessione viennese furono Koloman Moser e Otto Friedrich. Il primo svolse la sua attività nel campo delle arti applicate, collaborando in qualità di architetto per i famosi Wiener Werkstätte (Laboratori viennesi di arti decorative), prima di dedicarsi alla pittura. Famosi sono i suoi paesaggi, come Lago di Garda, in cui traspare una chiara tendenza alla sintesi delle forme, che qui viene messa completamente al servizio di una sempre più decisa policromia. Il secondo, presente con Il ritratto di Elsa Galafrés, mostra una maggiore raffinatezza e accuratezza nell’uso della tecnica pittorica. Non a caso l’elegante postura e l’espressione enigmatica del volto della donna ricordano i ritratti di Gustav Klimt.
A Villa Olmo, sono esposti sei lavori di Egon Schiele (1890-1918), caratterizzati dalla passionalità e dalla fisicità del corpo, oltre che dalla disinvoltura con cui l’artista tratta il tema della sessualità fra uomo e donna. Nonostante Schiele fosse di una generazione più giovane rispetto a Gustav Klimt e al gruppo di pittori secessionisti, il suo stile sembra affondare le proprie radici nell’arte e nelle teorie artistiche della Vienna di fine secolo. Il talento dell’artista suscitò l’ammirazione di Klimt che gli procurò numerose commissioni. Schiele ben presto abbandonò l’estetica dello Jugendstil. Opere come La città sul fiume blu del 1911 danno vita a una libera interpretazione dell’espressionismo. L’artista volse tutta la sua pittura a rappresentare la tragica e melanconica dimensione esistenziale dell’uomo. Madre con due bambini, ad esempio, ritrae una madre con i suoi due figli. Il gruppo, circondato da un alone di sofferenza latente e di agonizzante immobilità, si innalza in tutta la sua monumentalità da uno sfondo buio e opprimente. Nemmeno la luminosità dei colori vividi e l’allegria dei motivi che adornano le coperte riescono a smorzare il sentimento di angoscia e di sofferenza che traspare dalla tela.
Al pari di Klimt, anche Egon Schiele era conosciuto come un eccellente ritrattista. In modo particolare, nelle opere che dipinse prima della morte, sopraggiunta a soli ventotto anni, si allontanò dalle interpretazioni espressioniste, prediligendo composizioni dal carattere più naturalistico. Attraverso il portamento e l’espressione del volto, riusciva a catturare la vera essenza degli effigiati, come ne La moglie dell’artista, o nel Prigioniero russo. Schiele era solito ritrarre le persone inserendo nella composizione oggetti caratteristici della loro vita; a tal proposito, in mostra si può ammirare il Ritratto del dottor Hugo Koller dipinto con i libri che lo hanno accompagnato per tutta la sua carriera. Altro caposaldo dell’Espressionismo viennese fu Oskar Kokoschka (1886-1980). L’artista si formò a Vienna, dove conquistò il plauso del pubblico per i suoi splendidi ritratti. Dopo la prima guerra mondiale, Kokoschka lasciò Vienna per trasferirsi a Dresda; in questo periodo adottò campiture di colore intenso che infusero alle sue opere un carattere nuovo. L’artista si concesse una pausa e visitò l’Europa. L’opera Il tigone, dipinta nel
Accompagna la mostra, un catalogo Silvana Editoriale.
Ulteriori informazioni: www.grandimostrecomo.it
Torna