A Villa Olmo di Como Klimt, Schiele e i capolavori del Belvedere

La mostra L’abbraccio di Vienna

  Cultura e Spettacoli  

A Villa Olmo ottanta opere, provenienti dal museo viennese, ripercorrono la genesi dell’arte del Novecento, partendo dal Barocco, passando per la Belle Époque, per il Biedermeier, fino a giungere alla Secessione e al primo Espressionismo. Dal 15 marzo al 20 luglio 2008, Villa Olmo di Como ospita un raffinato evento dedicato ai capolavori provenienti dal Museo Belvedere di Vienna. La rassegna, dal titolo L’ABBRACCIO DI VIENNA. Klimt, Schiele e i capolavori del Belvedere, curata da Sergio Gaddi, assessore alla cultura del Comune di Como e Franz Smola, curatore del museo Belvedere, raccoglie ottanta opere in grado di ripercorrere la genesi dell’arte del Novecento, partendo dal Barocco, passando per la Belle Époque, per il Biedermeier, fino a giungere alla Secessione e al primo Espressionismo. L’iniziativa è promossa e organizzata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Como, col sostegno di Fondazione Cariplo, Bayer, Fondazione Corriere della Sera, Csu, Provincia di Como, Camera di Commercio di Como, Unione Industriali di Como, Collegio delle Imprese Edili ed Affini della provincia di Como, Vodafone, Bennet, Poliform, Credito Valtellinese, Chateaux d’Ax, Acsm Como, Bmw D’Angelo, Enzo degli Angiuoni, Busnelli, Tessabit, Extend. Il fulcro attorno cui ruota l’esposizione comasca sono le opere degli autori legati alla Secessione e all’Espressionismo Viennese, come Gustav Klimt, Egon Schiele e Oskar Kokoschka. Gustav Klimt (1862-1918) annoverato tra i fondatori e figura preminente della Secessione viennese, il movimento culturale e artistico nato nel 1897, è presente con cinque olii su tela e tre disegni. Del primo periodo è Signora davanti al camino (1897-1898), che ritrae una donna elegante, dal profilo severo, i cui tratti si fondono con l’oscurità dello sfondo. Gustav Klimt si dedicò con particolare interesse alla pittura di paesaggio. In Dopo la pioggia (1898), produsse una raffigurazione della natura, ricca di atmosfera. Caratteristica è la scelta di un formato verticale, dettato dalle illustrazioni che Klimt realizzava per Ver Sacrum, la rivista d’arte della Secessione. Pochi anni dopo passò a dipingere paesaggi su tele quadrate, misura che per i Secessionisti rappresentava la proporzione perfetta.  Nell’opera del 1910 Castello di Kammer sul Lago Atter, il maestro viennese si rivela più attento al carattere topografico del paesaggio, scegliendo un particolare della facciata del castello di Kammer – tra i soggetti preferiti da Klimt – che si specchia nelle acque del vicino lago, rappresentando accuratamente la superficie dell’acqua e le chiome degli alberi che vi si affacciano, con una tecnica pittorica che richiama lo stile tipico del puntinismo. Fra le opere più tarde, spicca lo splendido Ritratto di Johanna Staude, dipinto fra il 1917 e il 1918, e rimasto incompiuto, poiché l’artista cadde vittima di un arresto cardiaco che lo colpì inaspettatamente all’età di 56 anni e lo allontanò per sempre dall’arte.

Altri esponenti di rilievo della Secessione viennese furono Koloman Moser e Otto Friedrich. Il primo svolse la sua attività nel campo delle arti applicate, collaborando in qualità di architetto per i famosi Wiener Werkstätte (Laboratori viennesi di arti decorative), prima di dedicarsi alla pittura. Famosi sono i suoi paesaggi, come Lago di Garda, in cui traspare una chiara tendenza alla sintesi delle forme, che qui viene messa completamente al servizio di una sempre più decisa policromia. Il secondo, presente con Il ritratto di Elsa Galafrés, mostra una maggiore raffinatezza e accuratezza nell’uso della tecnica pittorica. Non a caso l’elegante postura e l’espressione enigmatica del volto della donna ricordano i ritratti di Gustav Klimt.

A Villa Olmo, sono esposti sei lavori di Egon Schiele (1890-1918), caratterizzati dalla passionalità e dalla fisicità del corpo, oltre che dalla disinvoltura con cui l’artista tratta il tema della sessualità fra uomo e donna. Nonostante Schiele fosse di una generazione più giovane rispetto a Gustav Klimt e al gruppo di pittori secessionisti, il suo stile sembra affondare le proprie radici nell’arte e nelle teorie artistiche della Vienna di fine secolo. Il talento dell’artista suscitò l’ammirazione di Klimt che gli procurò numerose commissioni. Schiele ben presto abbandonò l’estetica dello Jugendstil. Opere come La città sul fiume blu del 1911 danno vita a una libera interpretazione dell’espressionismo. L’artista volse tutta la sua pittura a rappresentare la tragica e melanconica dimensione esistenziale dell’uomo. Madre con due bambini, ad esempio, ritrae una madre con i suoi due figli. Il gruppo, circondato da un alone di sofferenza latente e di agonizzante immobilità, si innalza in tutta la sua monumentalità da uno sfondo buio e opprimente. Nemmeno la luminosità dei colori vividi e l’allegria dei motivi che adornano le coperte riescono a smorzare il sentimento di angoscia e di sofferenza che traspare dalla tela.

Al pari di Klimt, anche Egon Schiele era conosciuto come un eccellente ritrattista. In modo particolare, nelle opere che dipinse prima della morte, sopraggiunta a soli ventotto anni, si allontanò dalle interpretazioni espressioniste, prediligendo composizioni dal carattere più naturalistico. Attraverso il portamento e l’espressione del volto, riusciva a catturare la vera essenza degli effigiati, come ne La moglie dell’artista, o nel Prigioniero russo. Schiele era solito ritrarre le persone inserendo nella composizione oggetti caratteristici della loro vita; a tal proposito, in mostra si può ammirare il Ritratto del dottor Hugo Koller dipinto con i libri che lo hanno accompagnato per tutta la sua carriera. Altro caposaldo dell’Espressionismo viennese fu Oskar Kokoschka (1886-1980). L’artista si formò a Vienna, dove conquistò il plauso del pubblico per i suoi splendidi ritratti. Dopo la prima guerra mondiale, Kokoschka lasciò Vienna per trasferirsi a Dresda; in questo periodo adottò campiture di colore intenso che infusero alle sue opere un carattere nuovo. L’artista si concesse una pausa e visitò l’Europa. L’opera Il tigone, dipinta nel 1926 in uno zoo di Londra, è rappresentativa della veemenza e della dinamicità gestuale che hanno sempre caratterizzato i capolavori di Kokoschka. Col trascorrere degli anni, l’artista finì per dedicarsi esclusivamente alla rappresentazione di vedute topografiche, come ne Il ponte Dulsie sul fiume Findhorn. Diversamente da Klimt e Schiele, Oskar Kokoschka visse una vita lunga ed intensa. Con l’avvento del nazionalsocialismo emigrò a Praga, da qui si spostò a Londra, per poi stabilirsi definitivamente in Svizzera negli anni Cinquanta. L’artista svelò un crescente interesse per le raffigurazioni ispirate a fonti storiche e mitologiche. Un esempio è il dipinto Erodoto, che ritrae lo storiografo greco circondato dai personaggi dei suoi racconti. A differenza delle opere legate agli esordi della sua carriera, le tarde opere di Kokoschka propongono una varietà cromatica caratterizzata da colori tenui. 

Accompagna la mostra, un catalogo Silvana Editoriale.

Ulteriori informazioni: www.grandimostrecomo.it

F.d.s.

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