Il volume ripercorre i 150 anni di storia d’Italia attraverso i menu degli eventi istituzionali da Vittorio Emanuele II a Giorgio Napolitano

Accademia Italiana della Cucina: I menu del Quirinale

  Food and beverage  

L’Accademia Italiana della Cucina - Istituzione Culturale della Repubblica Italiana - ha voluto contribuire all’anniversario dell’Unità d’Italia con il volume I menu del Quirinale: 150 anni di storia italiana raccontati attraverso l’inedita collezione dei menu dei 4 re d’Italia e degli 11 Presidenti della Repubblica. Da Vittorio Emanuele III a Giorgio Napolitano, il momento conviviale diventa espressione dell’identità culturale del Paese, vero e proprio filo conduttore dei valori culturali e gastronomici della nostra storia. La raccolta di menu, che costituisce l’opera, proviene dalla collezione dell’Accademico Maurizio Campiverdi ed è integrata da alcuni menu messi a disposizione dagli Accademici Franco Chiarini, Giovanni Chiriotti, Domenico Musci e dall’Archivio Storico del Quirinale.

Il menu, silenzioso protagonista dell’evoluzione storica e culturale della civiltà gastronomica, è il testimone di grandi avvenimenti, di illustri personaggi e delle numerose occasioni conviviali che caratterizzano la vita politica e sociale di uno Stato. Il menu è così il documento che ci permette di conoscere i gusti di un’epoca, seguirne l’evoluzione attraverso le differenze nella preparazione delle vivande e comporre quel vastissimo mosaico di usi, costumi e tradizioni propri di una Nazione.

 Il presente volume – scrive il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in apertura del libro – illustra, attraverso una suggestiva e ricca collezione di menù relativi ad attività istituzionali di rappresentanza del Quirinale, l’evolversi, all’interno della cultura gastronomica e degli usi del protocollo ufficiale, della civiltà italiana della tavola. Veri e propri documenti di valore storico e culturale, questi menù raccontano della progressiva evoluzione dei punti di riferimento dell’alta cucina nell’Italia post-unitaria, contrassegnata da feconde diversità derivanti sia dalle peculiarità territoriali che dalla secolare frammentazione socio-politica. Essi costituiscono inoltre eleganti testimonianze dei numerosissimi eventi politici e culturali ospitati nel volgere di un secolo e mezzo nelle stanze del Palazzo, anche grazie alla professionalità e alla dedizione che contraddistinguono, oggi come nei primi decenni dell’Unità, i Servizi del Quirinale.

La collezione dei menu dei banchetti ufficiali dello Stato Italiano nei primi 150 anni dell’Unità d’Italia - afferma Giovanni Ballarini, Presidente dell’Accademia Italiana della Cucina - sono la testimonianza del ruolo identitario avuto dall’alta cucina di rappresentanza e forniscono un quadro inedito delle inclinazioni e dei costumi culinari dei 4  Re e degli 11 Presidenti in carica. Attraverso questa opera - prosegue Ballarini - abbiamo voluto dare un profondo contributo culturale alla memoria storica del nostro Paese, riportando alla luce celebri avvenimenti, passati e recenti, documentandoli attraverso menu eleganti e artistici che si prestano a diverse letture sociali e che toccano la lingua, la tipologia dei piatti, la preparazione delle vivande e l’utilizzo di alimenti tipicamente italiani.

Graficamente pregevoli e di altissimo contenuto gastronomico, i menu dei re d’Italia presentavano un’ampia varietà di vivande servite: nel corso dell’anno raggiungevano le 500 preparazioni culinarie. Grande attenzione era riservata alle cucine regionali che si affiancavano con regolarità a quelle dei Savoia e del Piemonte. Caratteristica principale dei Savoia in cucina era la netta differenza quantitativa e qualitativa tra le portate dei pranzi di Stato e la tavola reale di ogni giorno. Particolarmente avverso alla mondanità Vittorio Emanuele II, primo Re d’Italia: ai pranzi di Stato mangiava cosi poco da creare perfino imbarazzo nei commensali. Prediligeva i cibi semplici e rustici, quali la polenta, i formaggi piemontesi e valdostani, i salumi delle Langhe, la lepre e il cinghiale. Amava bere Barolo e Barbaresco, ma gradiva anche Barbera e Grignolino. Anche Umberto I non era incline ai piaceri della buona tavola. Al contrario, la Regina Margherita amava molto i ricevimenti e da perfetta anfitrione rese la tavola dei Savoia una delle più celebri d’Europa. La sua popolarità in questo campo la fece destinataria di innumerevoli preparazioni culinarie, oltre alla ben nota pizza margherita a lei dedicata. Tra i menu di Umberto I è molto curioso quello che racconta il pranzo del I convegno mondiale di Araldica di Roma nel 1883. Ci sono ben 23 stemmi (è il più ricco della storia), 16 portate e 9 vini, di cui uno solo italiano: il Marsala Ingham. Re dai gusti culinari semplicissimi, Vittorio Emanuele III aveva una vera e propria venerazione per il pollo arrosto. Fu proprio durante il suo regno che si è arrivati ad una sostanziale assimilazione tra la tavola reale e la tavola borghese. Ospitò a tavola molti Capi di Stato stranieri come testimonia il menu della cena in onore dello Zar Nicola II del 6 febbraio 1911. Il cartoncino (cm 19x12) è di estrema eleganza grafica e la cucina è internazionale perché include piatti francesi, inglesi e italiani. Sia come luogotenente generale del Regno, sia come ‘re di maggio’, Umberto II ebbe ben altri pensieri che nulla avevano a che spartire con la gastronomia e con i menu. Tuttavia dalla raccolta dell’AIC emerge il menu del suo matrimonio con Maria José del Belgio. Per l’ occasione vennero servite: uova alla Montebello, aligusta con salsa tartara, fagiani allo spiedo con crescioni, insalata fiorentina, gelato alla crema palermitana e la classica torta nuziale.

Sontuosi e raffinati, talvolta tradizionali e talvolta estrosi: i menu degli 11 Presidenti della Repubblica ci offrono un panorama completo sull’evoluzione nel tempo dei gusti e degli stili di vita. Una sola regola culinaria ha caratterizzato, in ogni era, la tavola da pranzo del Quirinale: le portate sono sempre state al massimo 6 e i vini mai più di 3. D'altronde, soprattutto dagli anni 60 in poi, i moderni dettami della dietetica hanno iniziato ad influenzare lo stile alimentare degli italiani e anche la tavola Presidenziale ne ha risentito. Ma, mentre in Italia, i pranzi offerti dai Presidenti della Repubblica ai loro colleghi stranieri prevedevano uno stile sobrio, all’Estero i nostri capi di Stato sono sempre stati accolti a tavola da menu particolarmente sfarzosi, graficamente ineccepibili, con pagine intere dedicate alla nostra cultura e alla nostra storia. Con Enrico De Nicola prima e Luigi Einaudi poi, i menu dei pranzi di Stato erano essenziali, esili e disadorni. Bisogna però precisare che, in quegli anni, l’Europa doveva risollevarsi dagli orrori della guerra e sarebbe stato inconcepibile indulgere troppo nella forma. Il 28 ottobre 1954, a Roma, Einaudi riceve il ministro sudanese Nur el Din. Per questa occasione il pranzo prevedeva: timballo di spaghetti alla romana, ristretto in tazza, filetto di manzo alla brace, legumi di stagione, santo onorato e cestini di frutta. Per quanto riguarda i vini compaiono Riesling, Chianti Melini e Marsala Florio. Da segnalare che nei menu di Einaudi venivano inseriti spesso i vini di sua produzione: il Presidente possedeva infatti estesi vigneti a Dogliani, località famosa per il Dolcetto, e una proprietà più piccola a Barolo. Eleganti invece i menu di Gronchi. Durante la sua Presidenza fu adottata l’abitudine di armonizzare i cartoncini del menu con il vasellame. Molti i suoi viaggi all’Estero: l’ 8 marzo 1956 a San Francisco, Gronchi è ospite del Governatore della California. Presso il prestigioso Hotel Fairmont, il nostro Presidente della Repubblica  fu omaggiato con il seguente menu: insalata di granchi, filetto di bue ai funghi, patate alla parigina, asparagi alla milanese, crêpes Alaska. In suo onore si bevvero due vini italiani, Soave e Chianti Classico, e uno Champagne. Va ricordato inoltre che Giovanni Gronchi è stato il primo Presidente della Repubblica italiana ad avere avuto l’onore di un banchetto alla Guildhall di Londra, la storica sede di rappresentanza del Lord Mayor, il sindaco della capitale britannica. Anche Antonio Segni fu un Presidente della Repubblica molto dinamico. Il 19 febbraio 1964 venne ospitato a Parigi dal generale Charles de Gaulle, allora Capo dello Stato. Per quella occasione il menu recitava: vellutata di pollo, filetti di sogliole alla Joinville, anatra alla moda di Nantes, fegato grasso delle Lande e soufflé ghiacciato al Grand Marnier, con quattro vini fra cui il prestigioso Château Lafite Rothschild. Da piemontese autentico Giuseppe Saragat amava particolarmente la buona tavola. Durante sua Presidenza le portate dei pranzi di Stato aumentarono di numero e le vivande servite più di frequente furono i ravioli alla piemontese e le trote, spesso provenienti dalla Valle d’Aosta, regione dove il Presidente era solito trascorrere le vacanze. A partire dagli anni 70, con Giovanni Leone al Colle, i menu del Quirinale subirono notevoli cambiamenti: ai banchetti ufficiali vennero servite meno portate e soprattutto più leggere. Da un punto di vista stilistico sui cartoncini dei menu non vennero più indicati i contorni ai piatti principali (ma, ovviamente, erano sempre presenti). È  singolare la quasi totale assenza dalla tavola di specialità napoletane, nonostante l’origine della coppia presidenziale. All’Estero, Leone venne ricevuto, tra gli altri, dal Presidente della Repubblica Francese George Pompidou che offrì al nostro presidente una cena al Palazzo del Trianon di Versailles documentata da un celebre menu dove in copertina trionfa la Reggia del Re Sole. Sandro Pertini quando fu eletto Presidente della Repubblica aveva la veneranda età di 82 anni. Sono rarissimi i menu presidenziali nella residenza napoletana Villa Rosbery: Pertini infatti non poteva mangiare troppo e il menu iniziava con un brodino leggero, seguito da carni bianche e pesce, in particolare la spigola. Spesso e volentieri però, il vulcanico Presidente mordeva il freno e si faceva giustizia da solo ordinando piatti ‘proibiti’ e lasciando di stucco i presenti, come dimostra la sua passione per il babà allo zabaione. Poche invece le testimonianze relative ai gusti culinari di Francesco Cossiga che tuttavia ebbe il privilegio rarissimo di due banchetti in suo onore alla Guildhall di Londra, a tre soli anni di distanza l’uno dall’altro, e i due relativi menu, sono raccolti nel libro. Nel corso della Presidenza Scalfaro vi furono molte novità piacevoli nei menu del Quirinale. Da un punto di vista artistico, in occasione delle visite dei Capi di Stato stranieri, sulle copertine dei menu a libretto furono riprodotti gli stupendi arazzi vanto del Quirinale. Allo stesso tempo le liste delle vivande furono scritte sia in italiano sia nella lingua dell’ospite, soluzione intelligente e cortese. Ormai le portate sono soltanto 3: un primo, un piatto di carne o di pesce convenientemente guarnito e un dolce leggero. La tavola del Presidente Ciampi racconta un modo di mangiare decisamente frugale rispetto ad altri tempi, come viene attestato dal menu della vigilia di Natale 2002 durante la quale al Palazzo del Quirinale si mangiarono: mezze maniche alla melanzana, gallinella bollita, patate, carciofi, zucchine e carote cotte al vapore e dolci natalizi. Infine i menu di  Napolitano - sobri ed essenziali nella forma -  raccontano la grande attenzione del Presidente della Repubblica verso la qualità dei cibi e il binomio gusto-salute. Napolitano infatti pone grande importanza alle dinamiche dell’alimentazione, oltre ad essere appassionato della storia della civiltà della tavola. Come dimostra del resto il recentissimo menu del 7 gennaio 2011, per la visita del Presidente della Repubblica a  Forlimpopoli presso “Casa Artusi” per l’inizio delle celebrazioni dedicate al centenario della morte di Pellegrino Artusi. Il pranzo è un omaggio alla stretta tradizione regionale: crostini di tartufi, cappelletti all’uso di Romagna, tordi finti, cardi gratinati in abbinamento alla piadina romagnola, pesche ripiene (nettarine IGP di Romagna) e infine torta di mandorle e noci. Tra i vini dominano il Morose Spumante rose brut da uva di un Centesimino, il Notturno Sangiovese IGT e I Croppi Albana di Romagna. Interessante notare che nel menu, a fianco di ogni pietanza viene indicato un numero: si riferisce alla ricetta del libro della “Scienza in cucina e l’arte di mangiare bene” di Pellegrino Artusi.

Info: Accademia Italiana della Cucina – segreteria di Milano – segreteria@accademiaitalianacucina.it - 0266987018.

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