Al superamento del periodo di comporto, il datore di lavoro può recedere dal contratto anche se il lavoratore prosegue la malattia

Malattia: il comporto

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L’art. 2110, comma 2, del codice civile stabilisce che, nel caso in cui il lavoratore sia ammalato, l’imprenditore ha diritto di recedere dal contratto a norma dell’art. 2118 c.c., decorso il periodo stabilito dalla legge, dalle norme corporative, dagli usi o secondo equità.

Pertanto il lavoratore affetto da malattia ha il diritto di fruire della conservazione del posto di lavoro per un periodo, cosiddetto di comporto, e alle condizioni che la contrattazione collettiva nazionale di settore stabilisce.

Il diritto alla conservazione del posto di lavoro opera non solo per una malattia unica e continuativa, ma anche in presenza del susseguirsi di più malattie brevi e discontinue, per cui i contratti collettivi nazionali di lavoro prevedono due tipologie di comporto:

“secco”, riferito a un unico e ininterrotto evento morboso;

“per sommatoria” o “frazionato”, riferito ad una pluralità di malattie che si manifestino entro un determinato periodo di tempo.

Decorso il periodo di comporto si realizza un’autonoma e ulteriore causa di licenziamento: il dipendente può, infatti, essere licenziato per il superamento del periodo di comporto, a prescindere dalla sussistenza di una giusta causa o di un giustificato motivo di recesso.

Nel rispetto delle procedure previste per il licenziamento individuale, vale a dire motivazione e forma scritta, quindi, il datore di lavoro, al superamento del periodo di comporto, può recedere dal contratto anche se il lavoratore prosegue la malattia.

Secondo la sentenza 20 dicembre 2002 n. 1819916 della sezione civile della Corte di Cassazione è necessario elencare nella lettera di licenziamento tutte le assenze avvenute nel periodo di riferimento. Se la comunicazione del licenziamento non precisa tali assenze, il lavoratore ha la facoltà di chiederne la specificazione al datore e, se questo non ottempera alla richiesta, secondo la giurisprudenza non si tiene conto delle assenze non specificamente indicate ai fini della verifica del superamento del periodo di comporto,

La comunicazione di recesso non deve essere necessariamente effettuata al momento della scadenza del periodo di comporto, ma, in ogni caso, nel rispetto di un termine che risulti compatibile con l’esigenza aziendale di procedere ai relativi accertamenti.

Se il licenziamento per superamento del periodo di comporto viene intimato quando il periodo è ancora in corso, il provvedimento è nullo e impugnabile, infatti il superamento del comporto costituisce, ai sensi dell’art. 2110 c.c., una situazione autonomamente giustificatrice del recesso, che deve esistere già anteriormente alla sua comunicazione.

I contratti collettivi prevedono, a favore del lavoratore prossimo al superamento del periodo di comporto, la possibilità di chiedere la collocazione in aspettativa non retribuita per un determinato periodo e ne disciplinano gli aspetti sostanziali (condizioni, modalità e termine per la richiesta, durata, frazionabilità, ecc.). Di solito il lavoratore deve avanzare la richiesta prima della scadenza del periodo di comporto. Il licenziamento per superamento del periodo di comporto, intimato durante l’aspettativa o a seguito di ingiustificato rifiuto di concessione della stessa, è considerato illegittimo, in quanto adottato prima dello spirare del limite complessivo di conservazione del posto contrattualmente previsto (comporto vero e proprio e aspettativa) ed il lavoratore ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro.

Giovanni Scotti

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