Secondo l’Aidepi in Italia il 70% dell’olio palma è certificato sostenibile

Olio di palma: un ingrediente da conoscere e da non demonizzare

  Ambiente, Sicurezza e Trasporti  

Il 25 novembre, in un incontro con la stampa, l'Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane (Aidepi) ha fatto il punto sull’utilizzo dell’olio di palma e sui risvolti ambientali della produzione, affermando che questo olio vegetale è buono, fa bene e non comporta la desertificazione delle foreste, come, invece, spesso si sente dire.

L'olio di palma è l'olio vegetale più consumato al mondo: copre il 35% dell'intera produzione mondiale di oli vegetali. Seguono quello di soia (circa 27%), la colza (circa 14%) e il girasole (10%), mentre l'olio di oliva ha solo l'1% del mercato degli oli vegetali.

I maggiori Paesi produttori di olio di palma, oggi, sono la Malesia e l’Indonesia: circa l’86% della produzione mondiale, infatti, arriva da questi due Paesi del Sud-Est asiatico e da lavoro e sussistenza economica a milioni di persone. Indonesia e Malesia, inoltre, vantano ancora oggi il 50/60% della superficie totale adibita a foresta pluviale, mentre le aree agricole, in buona parte dedicate alla palma da olio, coprono solo un quarto del territorio. In entrambi i Paesi c’è l’impegno a non scendere al di sotto del 50% di superficie coperta da foresta.

L'Italia importa un quantitativo di olio di palma pari a 1 milione e 660mila tonnellate, vale dire il 2,4% della produzione mondiale, e di questo solo il 21% è destinato all'alimentare nel suo complesso. L'industria del dolce, in particolare, ne utilizza solamente l'11% (circa 175.000 tonnellate), vale a dire lo 0,3% della produzione mondiale. Circa due terzi (oltre il 70%) risultano certificati come sostenibili, vale a dire che sono prodotti nel rispetto dell'ambiente e delle comunità locali e, quindi, non producono un impatto sull'ambiente in termini di deforestazione. La maggior parte dell’olio di palma importato (79% del totale) viene utilizzato, invece, in molti altri settori: cosmesi, bioenergia, chimico, mangimistico e farmaceutico.

Additando biscotti, merendine e dolci - ha spiegato Mario Piccialuti, direttore dell’Aidepi (nella foto fra Donegani a sinistra e Pratesi a destra) - come i principali responsabili della deforestazione si sta affermando qualcosa che non regge alla prova dei fatti. In questi mesi si è tanto parlato di olio di palma, sia da un punto di vista nutrizionale che per l'impatto sull'ambiente in Paesi come la Malesia e l'Indonesia, oggi principali produttori mondiali. Noi crediamo nella possibilità di produrre olio di palma in maniera sostenibile, seguendo cioè la via delle certificazioni ambientali. - ha proseguito Piccialuti - Le grandi aziende utilizzatrici si sono impegnate ad acquistare il 100% di olio di palma sostenibile certificato RSPO. E hanno già raggiunto l'obiettivo. In tutto il mondo, infatti, l'olio di palma certificato RSPO rappresenta il 20% del totale, quello che arriva in Italia è certificato per circa il 70%. E stiamo lavorando perché tutte le aziende si adeguino al più presto.

Approvvigionarsi con olio di palma certificato sostenibile significa, quindi, sostenere controlli ed approvazioni tali da garantire sia la tutela del territorio che il rispetto per l'ambiente.

La via della certificazione è quindi l'unica soluzione possibile per mantenere inalterato l'ecosistema dei Paesi produttori e, in quest'ottica, diventa sempre più chiaro che il boicottaggio dei prodotti contenenti olio di palma non può essere una alternativa.- ha chiarito Carlo Alberto Pratesi, Professore di Economia e Gestione delle Imprese al Dipartimento di Studi Aziendali dell'Università Roma Tre - Questa è anche la posizione di WWF International e di Greenpeace, le quali invitano i consumatori a chiedere ai propri marchi di riferimento di approvvigionarsi con olio certificato sostenibile, altrimenti si favorirebbe solo uno degli altri oli vegetali, andando a creare problemi ambientali analoghi - e in molti casi maggiori, viste le rese ridotte - in altre parti del mondo, facendo "crescere la deforestazione e la perdita di biodiversità.

Anche nel prossimo futuro, tale situazione sembra destinata a rafforzarsi ulteriormente: si stima, infatti, che la domanda e la produzione di olio di palma cresceranno di un +40% da qui al 2050 a seguito dell'aumento previsto della produzione mondiale di cibo (+70% secondo la FAO), che servirà a sfamare gli 800 milioni di persone che supereranno nei prossimi anni la soglia di povertà ed avranno bisogno di raggiungere un fabbisogno di grassi pari ad almeno il 30% della loro dieta (come auspicato dalla FAO e dall’OMS).

L'olio di palma - ha spiegato Giorgio Donegani, dottore in Scienze delle Preparazioni Alimentari - è un ingrediente ideale per la produzione dolciaria: è incolore, insapore, riduce i tempi di ossidazione dei prodotti e garantisce una migliore conservazione degli alimenti. Ha permesso, negli anni, di eliminare i grassi vegetali idrogenati, e oggi è diventato un ingrediente difficilmente.

Altri oli, invece, appaiono meno adatti: l’olio extra vergine d’oliva, presente in scarsa quantità rispetto alle reali esigenze dell’industria, ad esempio, è contraddistinto da un sapore ed un odore troppo caratterizzanti.

L’olio di palma ha permesso di eliminare, negli anni, i grassi vegetali idrogenati, diventando così un ingrediente difficilmente sostituibile quando si parla di prodotti molli (creme, ripieni, ecc), sia per la struttura che per la tenuta della stessa nel tempo.

Usare altri oli comporta da un lato l’accettazione di una perdita di specifiche caratteristiche sensoriali del prodotto in particolare sapori delicati come latte, nocciole, ecc e la presenza di gusti estranei (arachide, soia, ecc). - ha aggiunto Giorgio Donegani - Non utilizzare l’olio di palma vuol dire accettare, senza vantaggi concreti, un aumento dei costi e delle difficoltà gestionali.

Info: www.aidepi.it

Giovanni Scotti

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